Africa. 53 Countries, one Union
Discorso di apertura del Presidente Romano Prodi
Bologna, Palazzo Re Enzo, 21 maggio 2010
Onorevoli Presidenti, Ministri e partecipanti a quest’assemblea, cari colleghi, signore e signori,è un grande piacere per me aprire questa conferenza. Essere qui è un grande onore , non solo per la reputazione dei partecipanti, ma soprattutto per via delle attuali difficoltà politiche ed economiche.
Viviamo in un tempo di crisi nel quale è essenziale condividere nel modo più aperto possibile e rafforzare le nostre idee con coloro che operano in questa complessa realtà.
Gli stati africani stanno affrontando sfide enormi alla loro stabilità e sicurezza. Sebbene negli ultimi anni ci sia stato un considerevole progresso nella conquista della pace e della crescita economica, ancora molte popolazioni dell’Africa non godono dei benefici della pace.
Inoltre, vecchie e nuove minacce continuano a mettere a repentaglio la stabilità politica.
Tutto ciò è particolarmente destabilizzante in quanto la pace nel continente africano non riguarda solo il futuro dell’Africa ma quello di tutti noi.
In riposta a queste sfide i leader africani hanno creato importanti istituzioni comuni.
Abbiamo intrapreso negli ultimi anni un lungo percorso e non posso che riconoscere gli enormi progressi fatti dall’Unione Africana e dalle Comunità economiche regionali.
Grazie all’Architettura della Pace e della Sicurezza Africana (APSA), progressi significativi sono stati raggiunti in numerosi campi: dalla prevenzione dei conflitti all’organizzazione delle missioni di peacekeeping, fino alo sviluppo di capacità a lungo termine.
Tuttavia ci sono significative possibilità di miglioramento. Raggiungere questi obiettivi richiede però un più efficiente coordinamento e dipende dal rafforzamento e dall’approfondimento dei meccanismi esistenti.
E’ ormai diventato evidente che solo superando l’attuale frammentazione politica ed economica dell’Africa, essa potrà procedere ulteriormente verso la pace, il progresso e la prosperità. Anche i paesi africani devono trarre i benefici della pace e della prosperità.
Per realizzare tutto ciò comunque è necessario che operino insieme.
Cinquantaquattro paesi devono essere un continente – a loro misura, senza sacrificare le proprie identità e gli interessi nazionali.
Nel nuovo mondo globalizzato neppure i più grandi paesi africani hanno la forza e le dimensioni economiche per garantire pace e crescita nel lungo periodo.
Progressi tangibili sono stati fatti, ma la sfida è continuare su questa strada.
La mia visione muove da quattro principi:
- Primo, l’Africa non ha necessita di nuove istituzioni continentali per ottenere i benefici dell’integrazione. Al contrario, bisogna puntare a coadiuvare lo sviluppo delle istituzioni esistenti e investire sulle loro capacità.
- Secondo, l’Africa deve procedere contemporaneamente su diversi fronti piuttosto che concentrarsi solo su una singola linea politica. Regolare il conflitto allo scopo di stabilizzare e garantire la sicurezza è importante ma non è ancora sufficiente. Diritti umani, politici, civili, e obiettivi economici sono necessari allo stesso modo per realizzare un nuovo futuro per l’Africa.
- Terzo, solo i paesi africani posso assicurare il loro stesso futuro pacifico. Tuttavia, anche un più integrato e coerente contributo da parte dei paesi sviluppati e delle organizzazioni sovranazionali può giocare un ruolo vitale. Su questo punto vogliamo insistere sulla necessità di lasciare il tradizionale modello di “foreign aid” per relazioni più flessibili fondate su strategie a larga scala nel commercio e negli investimenti.
- Quarto, un progresso concreto è molto più importante di obiettivi astratti. Non si possono negare grandi ambizioni come pace e prosperità, ma bisogna anche insistere sul fatto che tali ambizioni saranno raggiunte pienamente solo dandosi punti di riferimento e obiettivi che rendano più facile dimostrare progressi misurabili.
Operando in considerazione di questi quattro principi suggeriamo un programma d’azione limitato ma ambizioso. Il traguardo non è sovvertire l’esperienza africana: solo gli africani stessi possono farlo. Piuttosto noi speriamo di poter suggerire alcune aree in cui l’esperienza di cooperazione può mettere radici e dove il precedente successo può favorire lo slancio per costruire.
Inoltre, identifichiamo aree in cui il coordinamento tra paesi sviluppati e organizzazioni sovranazionali è più promettente e produttivo.
La priorità deve essere la gestione attiva dei conflitti per creare un contesto stabile e sicuro a livello nazionale, regionale e continentale. L’Architettura per la Sicurezza e la Pace Africana è stata realizzata con importanti contributi dell’Unione Africana, dell’ECOWAS, della SADC, e di altre organizzazioni. Tuttavia, per una sua piena realizzazione mancano ancora molte risorse. E manca un coerente supporto esterno.
Inoltre, la maggior parte dei paesi sviluppati ha una grande responsabilità per la situazione attuale, avendo avuto rapporti con gli stati africani su basi strettamente bilaterali e non prestando alcuna attenzione ad un approccio continentale. Ora è il momento di sviluppare un comune approccio tra Unione Europea, Stati Uniti, Nazioni Unite e paesi emergenti quali India, Cina, Russia e Brasile.
Viviamo nella eredità storica di rapporti bilaterali, paese per paese. Pur riconoscendo ovviamente la natura e il grande ruolo degli stati nazionali dobbiamo lavorare insieme per l’obiettivo di sostenere e accrescere la loro collaborazione.
Noi siamo in una nuova era in cui la dimensione e la complessità della sfida richiedono una forte collaborazione tra tutti gli attori. Affrontare questa sfida richiede relazioni effettive, coordinamento rafforzato e chiara comprensione delle forze e delle debolezze di ciascuno.
Non sorprende che siano le capacità militari ad essere al centro del dibattito, ma come è sottolineato nel Rapporto Prodi, nel continente africano la pace non può essere raggiunta solo attraverso lo spiegamento di forze militare.
Un secondo punto riguarda, quindi, attività economiche quali il commercio, gli investimenti, i trasporti e l’energia.
Infatti, energia e trasporti determinano alcuni dei più alti costi nel settore economico.
Lo scopo non è solo l’integrazione dell’Africa nel mercato globale, ma anche la promozione del commercio all’interno del continente.
I paesi africani non sono divisi solo dalle lingue e dai regimi, ma anche dalle deboli infrastrutture, da istituzioni di mercato povere, e da simili (piuttosto che complementari) profili industriali, che limitano i guadagni che possono derivare dall’integrazione. Pensiamo che queste sono aree in cui esistono opportunità per un approccio “comunitario” tra paesi africani. Questo cooperazione può emergere nelle esistenti organizzazioni regionali e continentali.
Esse possono affrontare le molte e differenti sfide che i paesi africani devono fronteggiare.
E possono trarre benefici da un coordinamento rafforzato tra paesi sviluppati e organizzazioni – dove la competizione è la regola. Tuttavia, solo un successo a questo livello può assicurare la stabilità oltre il breve termine. L’Africa può prosperare solo se sarà sicura.
Questa nostra prima Conferenza a Bologna si concentra principalmente su queste due serie di tematiche.
Tuttavia, l’agenda deve essere ampliata nelle altre due conferenze che seguiranno a Washington D.C. (2011) e ad Addis Abeba (2012).
Questo impegno di lungo termine vuole abbozzare una road map volta allo sviluppo dell’integrazione africana.
” Un terzo piano di attività tocca le tematiche della salute, dell’educazione, della partecipazione, della cittadinanza, della povertà, dell’ineguaglianza e dei diritti umani – che rappresentano le chiavi dello sviluppo nel lungo periodo. Queste sono propriamente materie per le istituzioni nazionali. L’azione a livello continentale o regionale deve essere di supporto, ma solo i politici nazionali e locali possono realizzare il cambiamento. Tuttavia abbiamo lo scopo di migliorare il coordinamento al fine di evitare duplicazioni inutili di sforzi o inefficienze che emergono da progetti di lavoro non accordati.
Questi suggerimenti di azione non intendono ignorare le molte altre sfide che devono essere affrontate dai paesi africani. Al contrario, siamo ben consapevoli della necessità di operare in molte altre aree.
Dal briefing book che accompagna questa conferenza risulta del tutto chiaro l’importanza delle questioni. Questa selezione di tematiche illustra le potenzialità dell’integrazione.
Seguendo il principio di sussidiarietà queste sono aree in cui l’azione integrata sarebbe molto più efficace di quelle basate sugli sforzi autonomi degli stati nazionali.
L’obiettivo è pace e prosperità.
Un traguardo che può essere raggiunto quando l’integrazione è uno strumento, e non lo scopo finale. I cinquantatre paesi dell’Unione Africana risiedono già in un unico continente. L’obiettivo non è l’eliminazione di questi paesi, ma la trasformazione delle relazioni tra di essi, così che tutti ne possano beneficiare.
Auguro a tutti voi che questa conferenza sia produttiva.
Voglio ancora ringraziare tutti i prestigiosi partecipanti, i colleghi del SAIS Bologna Center dell’Università Johns Hopkins e, in modo particolare, gli studenti che sotto la guida del professor Erik Johns hanno realizzato una eccellente ricerca su alcune delle sfide vitali affrontate dagli stati africani.
Il superbo risultato di questo lavoro lo si può trovare nel “Briefing book” che trovate nelle vostre cartelline.
Ora è il momento di sfruttare appieno questa opportunità.
Grazie.