Prefazione di Romano Prodi al libro ‘Miracolo africano‘ di Riccardo Barlaam e Massimo di Nola edito da Il Sole 24 Ore
L’Africa è un Continente che vive un’importante fase di trasformazione in Italia poco conosciuta. Se ne scrive poco. Ed è una lacuna che tutti dobbiamo contribuire a colmare.
Il Mondo è tornato a guardare alle grandi potenzialità dei Paesi africani soprattutto per il recente boom dei prezzi delle materie prime. L’Africa detiene, infatti, ancora grandi risorse minerarie, agricole, energetiche. Sono aspetti rilevanti. Ma un’ottica limitata a questi aspetti è fuorviante e ci porta indietro nel tempo.
L’epoca delle colonie è definitivamente e irreversibilmente finita e oggi queste risorse devono servire in primo luogo agli africani. I Governi dei loro Paesi hanno un’agenda impegnativa di obiettivi da raggiungere che in buona parte coincidono con i cosiddetti Millenium Goals: servono infrastrutture, ospedali, scuole, posti di lavoro, sviluppo sociale.
Il tutto in un contesto sostenibile: un tema, questo, a cui è sensibile un numero crescente di leader politici africani.
Si è scritto anche – in maniera troppo spesso strumentale – della crescente presenza cinese in Africa. La Cina, nel corso degli ultimi anni, ha accresciuto in grande misura la sua presenza nel Continente. In cambio di un accesso alle risorse offre e realizza infrastrutture, fornisce assistenza in campo economico, sanitario, tecnico scientifico, con un massiccio apporto di investimenti. Questo riteniamo che sia un bene per l’Africa e per la Cina. Possono esistere (e vi sono) casi di sfruttamento condannabili ma in questo caso c’è da chiedersi a chi tocca scagliare la prima pietra… E soprattutto occorre separare le responsabilità di aziende e di imprenditori che possono essere cinesi come di qualsiasi altro Paese, dall’approccio del Governo di Pechino, solitamente attento a rispettare le esigenze delle sue controparti. E gli Stati africani sono perfettamente in grado di sapere e di chiedere ciò di cui hanno bisogno.
Invece di parlare di un presunto pericolo cinese per l’Africa, quindi, cerchiamo di studiarlo più a fondo e, soprattutto, cerchiamo di creare, insieme alla Cina, un programma comune, con regole comuni, per fare in modo che anche l’Africa cominci il suo cammino di sviluppo. I Paesi africani hanno bisogno di impegni concreti: questa la sfida che devono oggi affrontare l’Europa e l’Italia.
L’Unione Europea, negli ultimi anni ha prodotto uno sforzo considerevole per dare un indirizzo e obiettivi chiari e condivisi, nella sua politica di cooperazione con l’Africa. Accanto all’assistenza economica finalizzata allo sviluppo e al raggiungimento degli Obiettivi del millennio, punta a rafforzare la capacità di Governance degli Stati africani. Si concentra sul rafforzamento delle istituzioni della società civile, della presenza e dello sviluppo dell’imprenditoria locale e soprattutto della cooperazione tra gli stessi Stati Africani.
Il quadro si presenta naturalmente in modo differente per le diverse aree geografiche. Con la sponda Mediterranea del Continente esiste già una maggiore spinta verso l’integrazione che coinvolte aspetti del mondo delle imprese, delle organizzazioni e delle strutture della società civile, delle università, della gestione dei flussi migratori ed altri capitoli importanti. Il coordinamento di questa rete complessa di rapporti fa capo alla cosiddetta politica di vicinato ed è importante proseguire, con maggiore energia, in questa direzione.
Bisogna tuttavia tenere presente che nessuna politica di vicinato o nessuna politica mediterranea può essere portata a compimento senza un adeguato impegno politico e senza i necessari mezzi finanziari che lo sostengono. Né l’uno né l’altro mi sembrano oggi sufficienti per raggiungere un reale livello di integrazione.
Diverso è il caso dell’Africa subsahariana e dell’Africa centrale e meridionale dove, accanto a Paesi in decollo sociale ed economico, esistono Stati che devono ancora risolvere situazioni di conflitto e che hanno bisogno di costruire dalle fondamenta le proprie istituzioni amministrative, giuridiche e di sicurezza. L’obiettivo in questo caso è di accelerare il processo di consolidamento di questi Stati rafforzando il ruolo svolto dalle istituzioni regionali che si propongono di estendere il livello di integrazione economica e politica del Continente, per culminare nell’Unione Africana, a cui esse fanno riferimento. Si deve in parallelo tracciare un cammino che consenta al maggior numero possibile di questi Paesi di raggiungere uno stato di associazione all’Unione Europea, che comporta un miglior accesso non solo al mercato comunitario ma anche ai diversi strumenti della Ue in campo economico, scientifico, di sviluppo sociale e di tutela della sicurezza e dell’ambiente.
L’Italia si inserisce in questo contesto. Accanto alla Francia e alla Spagna è in grado di svolgere un ruolo di primo piano nella politica euromediterranea. In Africa occorre flessibilità, realismo ma anche una grande dose di entusiasmo. Le potenzialità del nostro Paese, delle nostre imprese, delle nostre istituzioni e della società civile per fornire un contribuito in questa direzione sono veramente grandi e lo dimostrano diversi esempi, alcuni dei quali sono riportati anche in questo libro. Altri si possono citare: ad esempio il contributo della Comunità di Sant’Egidio e del Corpo degli Alpini alla pacificazione del Mozambico. La presenza di numerosissime missioni insediate nelle aree più disagiate del Continente con un costante ruolo di aiuto alle popolazioni locali. L’attività delle miriadi di organizzazioni non governative che lavorano dal basso, lontani dai riflettori.
Un ultimo aspetto di particolare rilevanza è rappresentato dall’emigrazione africana in Europa e in Italia. Anche questo è un fenomeno di cui, troppo spesso, si sottolineano gli aspetti che allarmano l’opinione pubblica, dimenticando invece l’enorme contributo che può fornire alla cooperazione tra i nostri due continenti. Emigrazione significa scambio di esperienze, conoscenza reciproca, arricchimento di culture. Gli immigrati ghanesi che dall’Emilia ritornano al loro Paese per avviare una propria attività imprenditoriale, a cui si fa cenno in questo libro, sono soltanto uno dei mille esempi. Si potrebbe aggiungere il ruolo, svolto nella direzione opposta dal turismo responsabile, e vorrei dire anche aperto a suggestioni nuove. Quante persone, tornate da un viaggio nel Continente, si dichiarano dopo pochi giorni afflitti dal mal d’Africa. Che non è una nuova malattia ma il risultato di un’esperienza positiva, che apre nuovi orizzonti e un diverso modo di vedere gli altri.
L’obiettivo degli autori di questo libro è di suscitare l’attenzione del lettore italiano sui cambiamenti in atto nel Continente prendendo spunto da situazioni particolarmente significative sotto il profilo politico, economico e sociale.
Non è, non vuole e non potrebbe essere quello di proporre un’enciclopedia sull’Africa. Se ne potranno condividere o meno alcune osservazioni, ma ritengo che sia un contributo che va nella giusta direzione. Conoscere meglio l’Africa di oggi è importante per noi e per i nostri figli.