Rassegna stampa di Vincenzo Giardina inviato di Misna ad Addis Abeba
AD ADDIS ABEBA, PER UN CONTINENTE PIÙ UNITO
(Misna) – L’integrazione come presupposto per la pace e lo sviluppo sostenibile del continente è oggi e domani il tema al centro di una conferenza ad Addis Abeba, organizzata dalla Fondazione per la collaborazione tra i popoli con il sostegno dell’Unione Africana e della Commissione economica dell’Onu per l’Africa.
In una nota diffusa dalla Fondazione, guidata dall’ex presidente della Commissione europea e primo ministro italiano Romano Prodi, si sottolinea che l’incontro “Africa: 54 Paesi, una unione” è il terzo di uno stesso ciclo. Ad Addis Abeba, come l’anno scorso a Washington e nel 2010 a Bologna, si discuterà di pace, di infrastrutture continentali e di regole necessarie a un funzionamento equilibrato del mercato.
La conferenza dovrebbe essere aperta da un discorso del primo ministro dell’Etiopia, Meles Zenawi. In programma ci sono interventi del vice-presidente della Commissione dell’Unione Africana, Erastus Mwencha, e del segretario esecutivo della Commissione economica dell’Onu per l’Africa, Abdoulie Janneh. Per l’Unione Europea ci sarà il commissario allo Sviluppo, Andris Piebalgs. A rappresentare l’Italia, oltre a Prodi, sarà il ministro degli Esteri Giulio Terzi.
ADDIS ABEBA, INTEGRAZIONE STRUMENTO DI PACE
(Misna) – “Le infrastrutture e il commercio interafricano sono la chiave di una crescita economica diffusa e un formidabile strumento di pace”: lo ha detto il vice-presidente della commissione dell’Unione Africana (UA) Erastus Mwencha in apertura dei lavori della Conferenza internazionale di Addis Abeba, organizzata dalla Fondazione per la collaborazione tra i popoli con il sostegno dell’Unione Africana e della Commissione economica dell’Onu per l’Africa (Uneca).
“Pace, sicurezza e sviluppo – ha aggiunto Mwencha – sono elementi fondamentali, strettamente interrelati, nonostante la politica continui spesso a trattarli separatamente. Senza integrazione e sviluppo non ci può essere pace e sicurezza. L’Africa ha la maglia nera per il tasso del commercio tra i suoi paesi fermo al 10 o al 13%, mentre in Europa è al 30%. Ma l’Africa ha anche grandi potenzialità, ha risorse minerarie e una popolazione giovane”.
Una posizione, quella di Mwencha, condivisa dal segretario esecutivo della Uneca, Abdoulaye Janneh. “Per un’economia più integrata – ha detto Janneh – servono armonizzazione delle politiche commerciali, sviluppo delle infrastrutture per favorire la libera circolazione dei beni e delle persone, ed eliminazione di alcune sacche di violenza”. Uno spazio economico africano “sempre più ampio e aperto” ha aggiunto Meles Zenawi, primo ministro dell’Etiopia, “è una condizione necessaria” per crescere anche se “le attuali infrastrutture sono totalmente inadeguate a sostenere lo sviluppo nei singoli paesi”.
Per l’ex presidente della Commissione europea e primo ministro italiano Romano Prodi “le infrastrutture sono il preludio per la pace e lo sviluppo dell’Africa”. Con infrastrutture adeguate, ha aggiunto Prodi ora alla guida della Fondazione per la collaborazione tra i popoli, “il prodotto interno lordo può crescere del 2% ogni anno”.
Prodi ha poi sottolineato alcune problematiche: “Più del 50% degli africani non ha elettricità e i due terzi della popolazione rurale non ha accesso a strade. C’è un lato politico necessario per l’integrazione: il gap finanziario per la realizzazione delle infrastrutture può essere colmato con la collaborazione tra gli Stati africani, le agenzie multilaterali, l’Onu, l’Unione Europea, gli Stati Uniti e la Cina. Da presidente della commissione dell’Unione Europea – ha concluso – ho conosciuto bene le difficoltà del cammino di integrazione ma questo è solo un motivo in più per andare avanti”.
A ribadire, infine, come pace e sviluppo vadano di pari passo è stato il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi di Sant’Agata: “Economie interdipendenti – ha detto Terzi – rendono le guerre impossibili. L’integrazione è il primo motore di sviluppo. L’integrazione fu alla base dell’Unione Europea ed è un cammino che vale oggi per l’Africa. È cruciale il commercio interafricano, bisogna levare i dazi, cancellare le barriere ma anche puntare sullo sviluppo delle infrastrutture”.
ADDIS ABEBA, LA PACE SOLO CON IL RISPETTO DEL MONDO
(Misna) – Il mondo ha bisogno della pace in Africa e per questo deve riconoscere all’Africa il diritto di decidere e coordinare gli interventi, politici o militari, a sostegno della pace: è uno dei messaggi che arrivano dalla conferenza organizzata ad Addis Abeba dalla Fondazione per la collaborazione tra i popoli.
“La pace in Africa – ha sottolineato El Ghasim Wane, direttore del dipartimento dell’Unione Africana (UA) per la pace e la sicurezza – è un bene per il mondo intero: con un miliardo di abitanti, il continente può essere un mercato fondamentale”.
Un contrasto efficace ai conflitti che ostacolano lo sviluppo, però, presuppone una nuova solidarietà politica a livello globale. “Le grandi potenze e le organizzazioni multilaterali – ha aggiunto El Ghasim – devono rendersi conto che a guidare devono essere gli africani: inefficaci e deboli, forse, ma i soli in grado di risolvere le crisi del loro continente”.
Incoraggianti, è stato sottolineato ad Addis Abeba, sono i cambiamenti intervenuti negli ultimi anni nei rapporti tra l’Onu e l’Unione Africana. Secondo Margaret Carey, responsabile del dipartimento delle Nazioni Unite per le missioni di peacekeeping, al Palazzo di Vetro si è fatta strada una nuova consapevolezza delle potenzialità delle organizzazioni regionali del continente. “Quando alla metà degli anni ’90 in Liberia c’era la guerra civile – ha evidenziato la Carey – il Consiglio di sicurezza dell’Onu si rifiutò di finanziare una missione a guida africana; ora stanzia fondi per le operazioni di peacekeeping dell’UA in Somalia e riconosce la centralità della mediazione di questo organismo nel conflitto tra Sudan e Sud Sudan”.
Nella seconda e ultima giornata della conferenza, d’altra parte, esperti e diplomatici hanno sottolineato che il cammino verso la pace resta pieno di ostacoli. Più che ai casi specifici dei due Sudan o delle crisi in Mali e Guinea Bissau, tornate ieri al centro di un incontro della Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Ecowas/Cedeao), ad Addis Abeba si sono analizzate difficoltà strutturali. Secondo Joseph Nsengimana, ambasciatore del Rwanda presso l’UA, uno dei problemi principali restano le divisioni politiche all’interno del continente. “La mancanza di unità e l’incoerenza tra i governi – ha sostenuto il diplomatico – è apparsa evidente durante la crisi post-elettorale in Costa d’Avorio e la guerra civile in Libia: in questo modo l’Africa è esclusa dalle scelte che la riguardano di più”.
L’incontro di Addis Abeba è stato organizzato in collaborazione con l’Unione Africana e la Commissione economica dell’Onu per l’Africa (Uneca). Il titolo della conferenza è “Africa: 54 Stati, una unione”.
UNITÀ PER LO SVILUPPO: UN APPELLO DA ADDIS ABEBA
(Misna) – “L’Africa deve unirsi”: si è conclusa con questo appello, nel ricordo di un celebre discorso pronunciato 50 anni fa dal primo presidente del Ghana e padre del panafricanismo Nkwame Nkrumah, la conferenza organizzata ad Addis Abeba dalla Fondazione per la collaborazione tra i popoli.
A pochi giorni dal decimo anniversario della trasformazione dell’Organizzazione dell’Unità Africana (OUA) nell’attuale Unione Africana (UA), dirigenti politici, esperti e diplomatici hanno ribadito oggi che l’integrazione è l’unica via per costruire la pace e lo sviluppo economico-sociale.
A questo secondo obiettivo è stata dedicata la parte conclusiva dell’incontro, focalizzata sugli ostacoli nel cammino da percorrere ma anche sui risultati raggiunti nel corso di un processo di integrazione che l’anno prossimo compirà mezzo secolo.
Secondo Joseph Atta-Mensah, direttore della Commissione economica dell’Onu per l’Africa (Uneca), le parole di Nkrumah valgono più che mai in un mondo multipolare dove entro 15 anni le potenze emergenti garantiranno oltre la metà della crescita globale. “L’Africa – ha sottolineato Atta-Mensah – è di fronte a una scelta: vuole restare divisa o trovare un suo posto in questa nuova realtà?”.
Durante la conferenza il riconoscimento delle difficoltà dell’integrazione economica e politica si è accompagnato a quello del dinamismo e delle speranze che stanno attraversando il continente. “L’Africa – ha detto Kenan Ipek, ambasciatore della Turchia presso l’UA – sta crescendo: negli ultimi anni è diventata un centro di attrazione per molti paesi”. Dal 2009 a oggi il numero delle ambasciate di Ankara in Africa è aumentato da 12 a 33 e l’importanza attribuita dalla Turchia al continente è confermata dalla crescita degli scambi commerciali e dal moltiplicarsi delle rotte aeree. Di un rapido intensificarsi dei rapporti con l’Africa, non solo con le ex-colonie portoghesi, ha parlato anche l’ambasciatrice del Brasile presso l’UA. “Dal 2002 – ha detto Isabel Cristina de Azevedo Heyvaert – gli scambi tra il Brasile e l’Africa sono quadruplicati, raggiungendo un valore di 26 miliardi di dollari grazie a investimenti nelle materie prime, nell’agricoltura e nelle costruzioni”.
Come nella prima giornata della conferenza, anche oggi il tema dello sviluppo si è intrecciato a quello della pace. Le speranze del futuro, è stato sottolineato, devono tener conto dell’inevitabile gradualità di ogni progresso duraturo. “In Asia – ha detto Wane El Ghasim, direttore del dipartimento dell’UA per la pace e la sicurezza – molti paesi sono usciti da una condizione di povertà solo 20 o 30 anni dopo la fine dei conflitti armati: ci vorrà tempo anche in Africa, ma questo è un motivo in più per impegnarsi al massimo”.