Festivaletteratura, Prodi e Soyinka: “L’Africa può farcela solo se unita”
L’economista e il nobel sul futuro del continente: “Ci sono le risorse naturali ma senza politica non ci sarà modo di evitare lo sfruttamento”. Prodi: “La Germania ha scelto di accogliere i siriani, laureati al 40% e diplomati al 50%, non è un caso”
Articolo di Maria Antonietta Filippini su La Gazzetta di Mantova del 13 settembre 2015
MANTOVA. Africa motore del mondo? «Ha le risorse, naturali e umane, c’è un fermento nuovo e voglia di farcela, ma divisi in 54 Stati tutti per conto loro non ce la faranno. E non parliamo di Rinascimento. L’unica infrastruttura che funziona sono i telefonini. Perciò difendo l’Unione degli stati africani, con i suoi limiti, ma è lo stesso problema dell’Europa, manca una politica comune» dice Romano Prodi in una piazza Castello più che gremita.
E Wole Soyinka, il nigeriano premio Nobel della letteratura: «Dobbiamo prendere in mano noi africani lo sviluppo, così smetteremo di parlare degli sfruttatori stranieri». Le risorse ci sono: petrolio, materie prime, terra per l’agricoltura ed è per questo che oggi è la Cina ad essere più presente, a muovere lo sviluppo, perché ha il 7% della terra coltivabile al mondo e il 20% della popolazione. La tragedia dei fuggitivi («né clandestini né profughi» viene ripetuto) prende gran parte dell’incontro coordinato da Carlo Annese. Soyinka spiega che l’Europa avrebbe dovuto capirlo molto prima, e non solo perché il 75% dei problemi africani deriva dal post colonialismo e dalla corruzione per la quale, dice Prodi, «un giorno dissi: tanto vale mandare i soldi a Zurigo invece che nelle capitali africane, faremmo prima».
Nessuno si è chiesto cosa sarebbe successo, dice Soyinka, a seguito dei massicci spostamenti interni di popolazione, per le onnipresenti guerre civili, i rapimenti di studentesse, le stragi. «Io stesso se i fondamentalisti del Mali si fossero uniti a quelli di Boko Haram, oggi non sarei qui, o se fortunato sarei arrivato con un barcone». Nessun intervento dell’Europa. Solo unilaterali, come quello della Francia in Mali, «dall’esito positivo» ammette Soyinka.
Disastroso invece, spiega Prodi, quello in Libia dei francesi, a cui si sono accodati persino gli italiani, «contro il loro interesse». La situazione africana è precipitata proprio dopo la dissoluzione della Libia. Prodi spiega che Gheddafi, “dittatore durissimo” negli ultimi anni smise con la destabilizzazione dei paesi vicini, voleva fare “il re dell’Africa”, investendo risorse per lo sviluppo. «Lo avevo persino invitato a Bruxelles», ma «uccidere un dittatore, non ha mai portato democrazia».
Invece i suo soldati, rimasti senza paga, hanno potuto accedere all’arsenale più grande del mondo. Con Egitto e Paesi del Golfo che sostengono il governo di Tobruk, Turchia e Qatar quello di Tripoli.
«Dunque bisogna che le grandi potenze, Usa e Russia con l’appoggio della Cina, perché l’Europa è inesistente, si impongano. Come devono fare in Siria. Quanto all’Onu – continua Prodi – serve per i piccoli ma sanguinosi conflitti, è impotente in quelli grandi, per i veti incrociati. Quindi augura successo a Ban Ki Moon per il 30 settembre, ma è pessimista. L’Italia è davvero stata lasciata sola davanti ai massicci arrivi, dice Soyinka. E come mai all’improvviso l’Europa si è svegliata?
«La Germania fa politica – osserva Prodi – ha scelto i siriani che sono laureati al 40% e diplomati al 50%. Fa il suo interesse, dopo che l’opinione pubblica si è ribellata. Ma lo fa seriamente: distribuisce subito gli arrivati, garantisce corsi di tedesco e fra un anno saranno integrati e produttivi».