Intervista di Massimo Giannini a Romano Prodi a Speciale Ballarò del 20 novembre 2015
E’ in collegamento per noi da Bologna il Presidente Romano Prodi. E’ molto importante la testimonianza del presidente Prodi perchè è stato inviato ONU nel Mali a Bamako. Perchè quel che succede in Mali ci riguarda come occidente e come Europei?
Il Mali è Francia, per la cultura, la lingua, il rapporto economico. Io collego in modo netto questo episodio a quello di Parigi in modo netto. Non che ci sia una regia unica, ma ci sono coordinamenti e risposte che fra di loro interagiscono. Il Mali, inoltre, è particolarmente delicato: è all’incrocio fra due forze terroristiche. Da un lato, da nord, ci sono i terroristi che si sono formati soprattutto dopo la guerra in Libia, mentre a sud abbiamo il grande terrorismo di Boko Haram che viene dalla Nigeria ma che negli ultimi tempi si è sparso in tutte le aree sotto il Sahara. Quindi è una zona tipicamente francese, ma in cui diventa strategico l’incontro di due diversi terrorismi. Quindi fa parte di una strategia generale del terrorismo.
In questo senso, il Paese, pur essendo povero, pur essendo veramente un Paese particolarmente sfortunato, è un Paese di una enorme importanza. Un’altra caratteristica che ha è che questo è un Paese giovanissimo: l’età mediana del Mali è di 18 anni. In Italia è di 46 anni, un mondo assolutamente diverso dal nostro con una forte povertà.
Speciale Ballarò del 20 Nov 2015 – Mali e Terrorismo from Romano Prodi on Vimeo.
Questa puntata l’abbiamo intitolata “Attacco globale” come stiamo rispondendo e come si può rispondere come Occidente, sia dal punto di vista militare che culturale ?
Dal punto di vista culturale direi che questi attentati ci hanno più unito che non diviso. La risposta di solidarietà e di emozione che è parte della cultura è stata estremamente forte e senza sbavature. Anche perchè ha colpito in modo indifferenziato. Tutti si sentono a rischio.
Dal punto di vista militare è più coordinato il terrorismo che la lotta contro il terrorismo. Il vero problema è che ci sono finanziatori semiufficiali in diversi paesi del Golfo, una vendita di petrolio che è non dico libera ma quasi, ci sono proventi dal commercio della droga, c’è tutta un’acqua in cui il terrorismo nuota e rispetto alla quale non c’è una lotta comune.
Il problema è o c’e’ un accordo che metta anche in disciplina i paesi che fanno il doppio gioco in cui il governo dice di lottare contro il terrorismo ma poi le fondazioni e le associazioni lo finanziano. Tutti questi Paesi, Qatar, Arabia saudita, tutti i Paesi del Golfo hanno al loro interno delle profonde infiltrazioni che sono presenti da generazioni di derivazione generalemente wahabita in cui il radicalismo è veramente parte della vita del Paese. Queste si esprimono in finanziamenti al terrorismo.
Facciamo bene a continuare i raid aerei?
Credo che questi bombardamenti possano veramente avere indebolito una parte delle forze terroristiche, ma non li capisco fino in fondo. Esiste la carta geografica di tutti i pozzi petroliferi, si possono vedere coi satelliti le file delle autobotti che portano petrolio all’estero. Perchè non sono state colpite queste fonti che sono facilissime da colpire. Non mi sembra efficace il bombardamento delle zone urbane rispetto al bombardamento per colpire queste fonti di reddito. Sarebbe molto più efficace.
La guerra non è efficace.
No, perchè dovrebbe mandare un esercito infinito. Gli Stati Uniti hanno avuto abbastanza morti. Gli altri Paesi non ci pensano nemmeno e la Francia è già eccessivamente impegnata all’estero. Ha oltre tredicimila soldati già impegnati fuori dalle proprie frontiere: 3000 in Mali, 2000 in Centro Africa, a Gibuti, in Libano, …
La risposta europea la convince? Oggi c’è stato un accordo per modificare Shenegen: la libera circolazione fra gli stati membri. la Francia ha modificato la propria costituzione autolimitando le libertà dei singoli. E’ la risposta giusta?
No. Perchè la risposta giusta è l’unificazione delle forze delle varie intelligence e polizie nazionali. la risposta giusta è creare un sistema antiterrorismo comune in Europa. Dividendo le frontiere non si hanno più informazioni, e armi e terroristi passano ugualmente. Io vedo in questo un processo regressivo che offre un messaggio di maggiore protezione ma che alla fine è più rassicurante che realmente efficace nella lotta contro il terrorismo.