Il Messaggero – 3 novembre 2008 –
Il Taccuino Americano del Professore – Qui, negli Stati Uniti, tutti gli analisti politici danno Obama come vincitore. Ma poi essi stessi chiedono, quasi increduli, se un Paese può cambiare così rapidamente la sua storia e dimenticare le sue divisioni.
La razza, fino a pochissimo tempo fa, era la frattura insanabile dell’America, la bomba ad orologeria per il suo futuro. Oggi un candidato nero è il più probabile presidente degli Stati Uniti.
Indipendentemente dal risultato elettorale, questio solo fatto è la dimostrazione della capacità di cambiamento della società americana. Dopo anni di progressivo isolamento sono gli americani stessi a voler offrire al mondo un volto nuovo. Una faccia che, per la sua diversità col passato, presenta anche l’immagine di una nuova america.
Questa campagna elettorale è quindi già di per se stessa un cambiamento radicale. Anche se ho ancora impressa l’immagine di una signora che stamattina, davanti alle telecamere, ripeteva con insistenza: «Ho sempre votato democratico, mi piacciono le idee di Obama, ma Obama mi fa paura!».
I cambiamenti non sono facili, né per i Paesi né per le persone. Ma la grandezza della democrazia è proprio quella di sapersi rigenerare dall’interno.